Profilo Bio-bibliografico
(versione integrale)

Ferdinando Ambrosino nasce a Bacoli l’11 maggio del 1938 e già dai primissimi anni cinquanta incomincia a dipingere ottenendo risultati apprezzabili. Ancora nel 1956 alterna gli studi classici alla partecipazione e all’organizzazione di manifestazioni d’arte che proprio in quell’anno culminano in una grande rassegna espositiva nei giardini di Bacoli. E per l’occasione Paolo Ricci sull’“Unità” sottolinea come “Ferdinando Ambrosino, giovanissimo, ha ambizioni più alte”. E ancora: “I suoi modelli sono certo le grandi tele dei realisti italiani e la sua aspirazione è di affrontare temi di largo respiro e di dimensioni notevoli”.
Nel 1957 consegue la maturità classica e l’anno successivo si iscrive ai corsi di scienze geologiche presso l’Università di Napoli, un interesse, questo per la geologia, che manterrà vivo per diversi decenni.

 

Nel frattempo intensifica la sua attività di pittore e, a partire dal 1959, esegue tele di notevoli dimensioni, che nel loro insieme potrebbero essere classificate come cubiste. Una di queste viene premiata da una qualificata giuria in occasione della sua partecipazione alla prima edizione della rassegna nazionale dei giovani pittori italiani a Napoli.

 

Dopo questa prima fase, inizia la serie delle grandi tele di stile neorealista il cui tema predominante è quello del mondo rurale e operaio caratterizzato dalla pesantezza e dalla fatica del lavoro.

 

Nel 1961 matura sempre più un proprio stile attraverso varie esperienze e l’assidua frequentazione dei maggiori musei italiani. Chiude l’anno con la partecipazione al Premio Avezzano.

 

Nel 1962 partecipa a una collettiva con i maestri dell’arte contemporanea che operano a Napoli, tra cui Emilio Notte, Carlo Striccoli, Paolo Ricci e altri ancora. Dopo un periodo di riflessione, nel 1965, affronta in termini decisivi il suo futuro destino di artista: abbandona gli studi universitari per dedicarsi con impegno sempre crescente alla pittura. E da questo momento in poi le partecipazioni alle mostre nazionali si susseguono sempre più numerose.

 

Nel 1966 ottiene il primo premio alla mostra nazionale Fatigati con una composizione di notevole intensità cromatica. Vince il primo premio alla mostra nazionale di pittura Città di Ercolano. E proprio in quest’anno inizia ad approfondire il suo interesse per soggetti di carattere naturalistico e paesaggistico in cui il dialogo con le cose e con l’ambiente natale si fa più stretto e personale. Rimangono ancora evidenti gli influssi dell’impressionismo e del cubismo.

 

Dopo alcuni anni di serio e meditato lavoro, Ferdinando Ambrosino allestisce nel 1967 la sua prima mostra personale presso l’UCAI, nel Maschio Angioino di Napoli. Conosce il critico e scrittore Piero Girace che subito diventa il suo entusiasta sostenitore. “Nei saloni dell’UCAI”, scrive Alfredo Schettini sul “Mattino di Napoli”, “è stata allestita la personale del pittore di Bacoli Ferdinando Ambrosino. Nel presentare questo artista autodidatta, Attilio Peduto individua le componenti genuine della sua personalità, sviluppatasi nell’atmosfera favolosa dei Campi Flegrei. Paesaggi ardenti di un cupo eroismo cromatico, a strati corposi e a ritmo serrato, nelle plastiche visioni di Torregaveta e di Punta Epitaffio , cui fanno riscontro Fiaba e alcuni tranquilli paesaggi di sogno, nei quali l’unicità del motivo ispiratore non esclude le variazioni tecniche aderenti alla poetica fantasia”.
Nello stesso anno partecipa alla biennale nazionale di pittura Cerreto Guidi dove la giuria composta da Armando Nocentini, Gastone Breddo e Giuseppe Migneco premia la sua opera con una medaglia d’oro. Alla mostra nazionale dell’Azienda autonoma del turismo di Desenzano del Garda, non ancora trentenne, viene riconosciuto come migliore artista italiano partecipante.

 

Nel 1968 viene invitato nel Venezuela da un’importante galleria di Caracas per una personale. Ottiene un grande successo di critica e di pubblico. Riviste specializzate e quotidiani s’interessano ampiamente alla mostra. La televisione venezuelana gli dedica un servizio esclusivo in un programma culturale. La Tiuna Film realizza un cortometraggio proiettato in tutte le sale cinematografiche del Venezuela.
Nel frattempo partecipa al Premio Suzzara, ottiene il primo premio al concorso nazionale di pittura Smargiassi e vince l’alta onorificenza del Presidente della Repubblica alla mostra nazionale Proposta culturale di Napoli. E infine è presente con alcune tele a Pescia e al Premio delle Arti di Sulmona.

 

Nel 1969 tiene ancora due personali: una alla galleria Il Cannocchiale di Milano dove è presentato da Piero Girace che ne sottolinea le doti di colorista e di interprete reale dell’atmosfera delle sue terre; l’altra alla galleria Marconi di Foggia.
Partecipa anche alla terza biennale di Bolzano e alla mostra nazionale di San Marino. La sua opera è il racconto delle cose di ogni giorno, la narrazione di emozioni e vibrazioni provocate dal tessuto quotidiano nella coscienza di un artista, la trascrizione fedele di cose ed eventi in cui l’artista s’imbatte nel corso della sua esperienza quotidiana. Nella pittura egli racconta le cose del mondo, la vita, i gesti degli uomini, le cose vicine e prossime, ciò che lo circonda. È il trionfo della realtà, non dei phantasmata , è il teatro della vita e del tempo dell’uomo, non dei pensieri e delle idee. In questi anni, la pittura di Ambrosino è il modo in cui la sua coscienza guarda, percepisce, ascolta e accarezza le cose vedute, toccate, udite, odorate, vissute. Il tessuto della vita si fa pittura e la pittura custodisce e protegge ciò che il corpo tocca, guarda, ascolta, vede, vive e ama. Insomma percepisce e risponde alle cose quotidiane.

 

Sono del 1970 le personali alla galleria Marcos Castillo di Caracas in Venezuela e alla Barcaccia di Napoli, mentre intensifica la sua presenza in alcune prestigiose rassegne espositive nazionali quali il Premio Mario Sironi a Napoli, e i premi Città di Imperia, Riviera del Conero e Posillipo, di nuovo a Napoli. “C’è modo e modo di essere artisti. Senza il sentimento, senza il cuore, la pittura è un’esercitazione sterile. Basta guardare i quadri che Ferdinando Ambrosino ha riunito in questa mostra per convincersi del contrario”. Queste sono le parole di Ignazio Mormino che aprono il testo introduttivo alla mostra personale che Ambrosino tiene a Lecco presso Ca’ Vegia nel 1971, una importante rassegna di dipinti che apre l’anno nuovo, ricco e prolifico di appuntamenti importanti.

 

L’esposizione di Philadelphia, alla galleria d’arte moderna Newman, la segnalazione al Premio Vasto, alla galleria Arena d’Oro di Verona. E ancora, le personali alla galleria Michelangelo di Bergamo e alla Marconi di Foggia e, infine, la partecipazione al Premio Città di Lesa riempiono un anno importante nel lungo itinerario espositivo di Ferdinando Ambrosino

 

Nel 1972 viene invitato al Gran Premio Internazionale di Viareggio e tiene tre mostre personali di una certa rilevanza a Caracas, allo Studio 188 di Trani e alla galleria La Vernice di Bari. Ancora a Bari nel 1973 presso la galleria Il Martello d’Oro è presente l’anno successivo con una mostra personale e nello stesso tempo riceve l’invito al Premio nazionale di pittura Sant’Ambroeus a Milano.

 

È del 1973 la personale a Selva di Fasano (Brindisi), presso l’hotel Sierra Silvana.

 

Il 1974 si apre con una mostra itinerante in Grecia, Turchia, Romania, e Unione Sovietica con un gruppo di cinquanta opere recenti e nell’occasione la televisione italiana dedica al pittore e alla mostra un intero servizio. A seguito del successo ottenuto, Ferdinando Ambrosino viene invitato al Premio Brunelleschi di Firenze, alla rassegna Arte-Sport di Merano, al Premio Aldebaran di Sassuolo. E ancora, a Waterbury, negli Stati Uniti, alla biennale organizzata dal Culture Art Center, al terzo Premio Giuseppe Bazzoli di Milano, al Premio Città di Soresina a Cremona e ordina un’esposizione personale al Centro d’Arte Serio di Napoli.
La ricerca costante rivela, attraverso la materia pittorica, il senso e la presenza dell’uomo e della natura. Nelle opere di questo periodo trova espressione una certa forza drammatica legata a temi epico-popolari.

 

Il 1975 conferma un’ulteriore presenza alla galleria Marcos Castillo di Caracas in Venezuela con grande successo di critica e di pubblico. Mentre una successiva versione della stessa si tiene a Napoli al Centro d’Arte Serio.
E ancora nello stesso anno viene pubblicata una monografia sull’artista con particolare attenzione alle opere realizzate nel quindicennio 1960-1975. Il volume è curato dal critico e scrittore napoletano Domenico Rea che nel presentare l’opera di Ambrosino mette in rilievo le qualità specifiche della sua pittura, tutte legate alle sue origini partenopee e al grande bagaglio culturale a esse connesso.

 

Una mostra personale alla galleria Carlo Levi di Milano anticipa, nel 1976, quella che sarà la svolta e la sofferta ansia di mutamento del 1977, allorché Ambrosino decide una pausa di riflessione. Difatti, proprio nel 1977, affronta la scelta di nuovi materiali: la materia è la ceramica, che presenta mezzi di espressione plastica molto vasti e procedimenti indefinitamente mutevoli e sempre propizi all’inventiva.

 

Sollecitato dalle seduzioni che questa attività gli offre, realizza una grande serie di piatti murali e molte sculture in terracotta, vasi, piastrelle e pannelli di varie dimensioni.

 

Nel 1978 organizza una mostra personale a Nola, al Centro d’Arte Globo e nel 1979 è presente al Premio nazionale 79 a Eraclea mare, e a Caracas al Centro d’Arte Euroamericano

 

Nel 1980 il Museo en la casa del correo, a Ciudad Bolivar, nell’Orinoco in Venezuela, acquisisce una sua opera.

 

Nel 1982, con il patrocinio della Regione Campania, l’Azienda di cura e soggiorno di Ischia organizza una grande mostra che raccoglie i lavori del decennio 1972-1982. La mostra si tiene nel prestigioso Castello Aragonese di Ischia. Nello stesso anno ordina una personale alla galleria Il Cannocchiale di Milano. Inoltre, riceve a Caracas la “condecoracion del Orden Andres Bello” per meriti artistici, consegnatagli dal Ministro della pubblica istruzione Rafael Fernandez Heres.

 

Il 1983 può considerarsi l’anno della svolta e del grande passo in avanti nella pittura e nella vita di Ferdinando Ambrosino. L’impegno politico, da parte dell’artista, per la città e per il suo patrimonio artistico e ambientale viene premiato dal consenso popolare che si traduce nell’elezione a sindaco di Bacoli.
Nel 1981 aveva conosciuto il critico e storico d’arte Carmine Benincasa, che non poco inciderà nella sua vita artistica e in quella del territorio campano. Difatti, nello stesso anno, l’amministrazione comunale di Bacoli, sotto la prestigiosa direzione scientifica e artistica di Carmine Benincasa, organizza l’ormai celebre e storica mostra Sapere-Sapore , una rassegna delle arti in Italia dal 1958 al 1985, nel Castello Aragonese di Baia.
L’esposizione, oltre che raccogliere le più importanti firme dell’arte contemporanea italiana, segna un punto fermo nella storia della pittura e della scultura nell’Italia meridionale di questi ultimi decenni. “Il meridione”, scrive Carmine Benincasa in prefazione al catalogo, “non piange sulle catastrofi, né rivendica briciole di elemosina o carità pietistica o assistenzialismo parassitario. Il sud esercita il suo diritto alla giustizia sociale, generando eventi culturali, provocando scommesse di iniziative pubbliche, rischiando ogni volta di urlare meno il fatto di essere stato lacerato e emarginato nel globale progetto politico della vita del paese, per poter affermare un po’ di più che la cultura e l’arte contano come i problemi sociali, che il suo tessuto non è soltanto l’oscena empietà sociale e l’iniqua capacità di un programma politico adatto alla sua storia e alla sua tradizione sociale e culturale, piuttosto è il rischio di una scommessa di esistere come progetto”.

 

Nel 1984 ordina una mostra personale a Napoli al Centro d’Arte Serio con un raggruppamento di opere di grandi dimensioni realizzate negli anni 1980-1984.

 

L’anno che segue può ritenersi un periodo di grande riflessione, ma anche un anno decisivo perché rappresenta una svolta sostanziale nella sua ricerca costante. Matura una nuova espressione, una visione più dilatata della realtà. Secondo quanto afferma il critico Franco Farina: “A differenza di lavori precedenti, si riscontra ora una più autonoma invenzione, una superiore potenzialità emozionale, arricchita di complessità operative che sono modulate in un vivace cromatismo di impronta mediterranea”.

 

Nel 1986 tiene una mostra personale al Centro d’Arte Serio e con il patrocinio del Comune di Ferrara viene organizzata una grande rassegna antologica al Palazzo dei Diamanti. Nel catalogo — dove è presentato da Franco Farina, Carmine Benincasa e Gianni Race — viene sottolineata l’importanza della ricerca di Ferdinando Ambrosino nella storia artistica italiana del secondo dopoguerra. “Questa mostra”, scrive Carmine Benincasa in catalogo, “ricapitola un’avventura pittorica, una scommessa di vita, di coscienza culturale, d’interpretazione del mondo che si rivela e le cose si fanno avanti”.

 

Nel 1987 tiene una mostra antologica al Centro d’Arte Serio e nel 1988 ancora una personale in Venezuela al Centro d’Arte Euroamericano di Caracas

 

Chiude il decennio ottanta con un’importante rassegna a carattere antologico alla galleria La Scaletta di Matera. Fino all’inizio degli anni novanta, pur nell’ambito di una forma espressiva personalissima e di una soluzione cromatica coraggiosa, Ferdinando Ambrosino rimane inscritto, anche se con soluzioni originali e poeticamente autonome, nell’ampia cerchia della pittura figurativa.

 

Nel 1989-1990 la grande svolta: la sua pittura è alfine libera. Finalmente il suo grido di libertà, la fuga dalle costrizioni delle forme, la creazione di arcobaleni di un nuovo universo di luce e di un alfabeto senza alcuna paternità, la costruzione del quadro in un nuovo progetto architettonico, la violenza della scala cromatica alternata alle stagioni di una morbidezza orientale, generano geografie ove i protagonisti espressivi del modo di sentire dell’artista sono il rosso e il nero, sintomi di una sapienza irreversibile della sua pittura.
Si tratta dei colori della tragedia greca, e non a caso. La zona in cui l’artista vive, quella dei Campi Flegrei, è un’area intrisa di mitologia greca, è la Magna Grecia. Sono qui gli antri della Sibilla cumana, dai quali si levava l’oracolo divinatorio.
I paesaggi non sono più quelli della natura, come nelle opere del periodo precedente, sono paesaggi dell’anima. I colori che modulano toni e timbri sono in sintonia con i sentimenti dell’artista, di cui sono squarci espressivi e rivelatori i grigi pervasi da malinconia, neri e grigi ocra con sfumature boscacee speculari alla brace ardente sotto la cenere, rossi che squarciano e infiammano senza devastare, gialli opachi e viola disseminati come grumi leggeri di speranza e spiaggia a riparo.

 

Nel 1989, Ambrosino partecipa alla Fiera internazionale di arte contemporanea presso l’Expo di Bari.

 

Nel 1990 con il patrocinio del Ministero per i beni culturali, della Regione Lazio, della Regione Campania e del Comune di Roma, e con la direzione artistica del professor Carmine Benincasa, si realizza la grande esposizione nel complesso monumentale di San Michele a Ripa a Roma, con opere che ripercorrono un trentennio di lavoro di Ferdinando Ambrosino.
Per l’occasione esce il volume Ferdinando Ambrosino , edito da Spirali, con testi di Carmine Benincasa e Armando Verdiglione. Nello stesso anno a Viterbo, nel Palazzo degli Alessandri, la Provincia di Viterbo organizza una mostra con lavori del decennio 1980-1990 e, nel mese di ottobre, l’artista realizza un’altra mostra, denominata Esperienze flegree, presso Pozzuoli, sul lungomare Yalta. Infine, viene nominato membro effettivo del senato accademico dall’Accademia Internazionale d’Arte Moderna a Roma.

 

Nel 1991, Ambrosino prende parte alla mostra Napolinuova. Passione civile e autonomie poetiche , curata da Vitaliano Corbi presso il Maschio Angioino di Napoli; sono dello stesso anno la mostra 30×30 by 30 , presso la Ambrosino Gallery di Coral Gables in Florida, USA, e una grande mostra organizzata nell’isola di Creta dal Ministro della cultura. Nel luglio-agosto 1991, il pittore prende parte con un gruppo di opere alla mostra diretta da Carmine Benincasa L’Europa nell’arte italiana a Torre Pallotta Altomonte; infine, ordina una personale presso la galleria Ca’ d’Oro di Roma.

 

Il 1992 è segnato da una grande mostra a Parigi presso la prestigiosa galleria d’arte Paris Art Center. Per l’occasione viene pubblicato un volume sull’opera dell’artista con scritti di Carmine Benincasa, Armando Verdiglione, Fernando Arrabal, Alice Granger, Gabi Gleichmann, Roger Dadoun, Dominique Desanti, Toni Brachet, Aleksej Nikolaev, Julius Edlis, Jean-Pierre Faye. Nello stesso anno è invitato a esporre presso il Musée du Bastion Saint André ad Antibes, in Costa Azzurra.

 

Nel 1993 tiene due personali molto significative, una a Caracas, presso la galleria Centro d’Arte Euroamericano e l’altra in Florida, a Miami, presso la Ambrosino Gallery. L’anno seguente, cioè nel 1994, organizza una mostra a New York presso la Spazio Italia Gallery. In catalogo scritti di Letizia Triches e Carmine Benincasa. “È un momento molto importante nel percorso artistico di Ambrosino”, afferma Carmine Benincasa, “egli lavora da alcuni anni a un interminabile e dilatante ciclo pittorico sul tema dell’icona”. Questi dipinti sono la sua riflessione teologica, la sua rivoluzione che ignora movimenti ideologici o riferimenti teorici, una riflessione che riguarda solo la pittura. Ancora: “[…] l’icona russa è il cominciamento di queste opere. Si tratta di work in progress che riconduce a vaga forma tutta l’esperienza visiva e storica dell’artista e tutto il sapere acquisito lungo il processo formativo della sua coscienza. Ma giunto all’esito finale della pittura, la libertà è diventata totale e incondizionata”.

 

Il 1995 è caratterizzato da due mostre personali in due città europee. Una a Ginevra presso la galleria-libreria La deuxième renaissance, l’altra a Marbella alla galleria El Catalejo. Nel 1996 ordina due mostre personali, una a Ferrara presso la galleria Il secondo rinascimento e l’altra a Milano presso la galleria Il Cannocchiale. In catalogo scritti di Osvaldo Patani e Vitaliano Corbi. Partecipa a Lineart 96 di Gand, Belgio. Nell’autunno di quest’anno ordina una seconda mostra personale, sul tema ormai predominante delle icone, a New York, presso la Spazio Italia Gallery.

 

Nel 1997 viene invitato a esporre a San Francisco presso l’Istituto Italiano di Cultura e nello stesso anno espone a Napoli nella chiesa di San Francesco delle Monache, il tema ormai predominante delle icone. In catalogo, per le edizioni Il Corvo, testi di Aniello Montano, Vitaliano Corbi, Ciro Ruju. Nel 1999, a Roma, presso il parco regionale dell’Appia Antica (ex Cartiera Latina), con il patrocinio della Regione Lazio assessorato alla cultura, si tiene la mostra personale Il rebus della memoria , a cura di Barbara Rose e Fernando Arrabal.

 

Nel 2001, Ambrosino organizza una personale presso la Galerie Elektra di Sausalito in San Francisco.

 

Nel 2002 prende parte alla mostra Lights, colours and forms of the third millenium presso il Kunst Centre di Silkeborg Bad, in Danimarca. È inoltre presente all’Expo Arte della 23a edizione della Fiera Internazionale di Bari e prende parte con due opere alla grande mostra Artisti italiani a Parigi. Infine, partecipa alla mostra Iconografie. Pittura e scultura a confronto a cura di Ciro Ruju presso la Villa Vatia di Napoli. La forza progettuale del pittore si esprime con linee scure, profili di forme e di cose senza identità, che si contengono e si sgretolano generando sulla superficie del quadro un movimento continuo, un intricato groviglio di tempesta e di vita, di passione, di fede, di partecipazione e impegno definitivo al ritmo del vivere.

 

Dal 2003 esposizione di 200 opere presso il museo della villa San Carlo Borromeo di Senago (Milano).

Nella primavera del 2004 mostra antologica “L’icona Mediterranea ” a Palazzo Reale di Napoli.

Personale presso l’Istituto Italiano di Cultura di New York nel 2007.

“The Memory of Time” – esposizione presso il Chelsea Art Museum di New York nel 2009.

“Viaggio Nel Tempo” – Esposizione alla Reggia Borbonica di Quisisana a Castellamare di Stabia (NA), 2013.

Esposizione a Palazzo Ripamonti, Bevagna – showroom di Tasselli Cashmere, a cura di Rita Rocconi, 2014.

“From Cumae to Pompeii – A Journey Through Time” – esposizione all’Istituto Italiano di Cultura di San Francisco, USA, 2014.

“From Cumae to Pompeii – A Journey Through Time” – esposizione al Naples Depot Museum, Naples, Florida USA, 2014.

Nel 2015 mostra antologica “Magia di Iconee Mediterranee” al PAN (Palazzo delle Arti Napoli).

 

In questo vortice di segni è tuttavia possibile decifrare ancora frammenti di una realtà che è stata trasformata nell’arcobaleno luministico che l’artista ci lascia in eredità. Ambrosino infatti non ha rinunciato alla realtà, che rimane il suo punto di partenza; se ne è svincolato, ha impedito che essa fosse una sbarra di ferro di prigione, cosicché nelle sue opere convivono astrazione e figurazione, ossia la libertà espressiva della coscienza.
La pittura figurativa degli anni passati è ormai definitivamente avviata verso una soluzione evocativa, di suggestione di luce in cui ogni forma si slabbra, si dirada e rinvia sempre oltre, verso un universo “altro”, attraverso l’immenso potere evocativo della coscienza immaginativa.